martedì, dicembre 24, 2002

Buon Natale a tutti voi…

Non andremo allo scopo ad uno ad uno ma per due
Conoscendoci a due a due noi ci conosceremo tutti
Noi ci ameremo tutti e i nostri bambini rideranno
Della leggenda nera in cui piange un solitario


Paul Eluard

domenica, dicembre 22, 2002

un libro per i bambini di San Giuliano
Ne ho già parlato... ma non mi stanco di ripetermi...
Se a Natale volete fare un regalo ai bambini di San Giuliano, aderite all'iniziativa della PecoraNera: RegalaLibro

[dettagli sul link e su etcetera

sabato, dicembre 21, 2002

Solstizio d'inverno
Questo blog non festeggia mesiversari o complemesi o che dir si voglia, ma stagioni... Non vuol esser scandito dal susseguirsi di date su calendari o agende, ma modularsi sull'alternarsi del sole e della luna, sui ritmi della natura, sull'avvicendarsi dei freddi e dei caldi...
Stanotte sarà solstizio d'inverno e questo blog, nato il primo giorno d'autunno, compirà la sua prima stagione... Buona festa!

Magari sembrerò infantile e o ridicola a parlare di uno spazio virtuale così, ma qui c'è una parte di me... seppure filtrata celata elaborata riflessa dissimulata o quant'altro volete, c'è...
Fermiamo la guerra. Firmiamo la pace.



Dettagli su... l'altra faccia della Luna, alias su eccetera
telegrafica... Eccomi a casadolcecasa

Il viaggio, benchè lungo, non è stato affatto pesante. L'ho trascorso piacevolmente completando la lettura di "I veri nomi", guardando cambiare il paesaggio fuori dal finestrino, scambiando due parole con mia sorella e con l'altra ospite del vagone letto (molto taciturna).

Ora scrivo scrutando ogni tanto dalla finestra dello studio le luci del pontile riflettersi sul mio mare.

Ho letto rapidamente alcuni blog ed avidamente i commenti di Bea (a cui presto replicherò... per ora grazie... di cuore).
Bea oggi ha parlato di FamigliaBrog ed io penso che, se ho sentito il bisogno di passare da qui e sbirciare parte dell'Universo-Famiglia-Blog, nonostante la stanchezza post viaggio, è per un qualche sentimento simile a quello descritto da lei...

Ora a nanna...

giovedì, dicembre 19, 2002

Tra mezz'ora si parte, stavolta in treno. Diciannove ore di viaggio per tornare nella mia amata Sicilia. Avrò il tempo di metabolizzare il cambiamento di orizzonti e contesti di questa mia vita... schizofrenica, per rimanere in tema.
quante piccole grandi gioie in questi ultimi giorni...
"Non cerco più l'amore ideale. Sono io il mio amore ideale" [+]
Come non gioire leggendo il “benvenuto” di MarieMarion? E’ da quando conosco il mondo dei blog, da ancora prima di entrare a farne timidamente parte, che mi lascio scuotere dalle sue invettive e contagiare dall’entusiasmo con cui ama condividere le sue scoperte.
Nel leggere il “benvenuta nel regno della follia” di Bea, non ho potuto poi non fare un’associazione. Amante di Pirandello quale sono, ho subito pensato all’omonimia con la Signora Beatrice de "Il berretto a sonagli", l’unica persona che, nella commedia/tragedia del mio illustre conterraneo, s’ostina a denunciare la verità e che, per questo, alla fine viene ricoverata in un manicomio… perché, “a gridare in faccia a tutti la verità”, ricorda Ciampa, si sa, si viene presi per pazzi.



Ciampa: No. Ah, no! Volti la pagina, signora! Se lei volta la pagina, vi legge che non c'è più pazzo al mondo di chi crede d'aver ragione! - Via, vada! vada! si prenda questo piacere, di fare per tre mesi la pazza per davvero! Le par cosa da nulla? Fare il pazzo! Potessi farlo io, come piacerebbe a me! Sferrare, signora, qua (indica la tempia sinistra col solito gesto) per davvero tutta la corda pazza, cacciarmi fino agli orecchi il berretto a sonagli della pazzia e scendere in piazza a sputare in faccia alla gente la verità. La cassa dell'uomo, signora, comporterebbe di vivere, non cento, ma duecent'anni! Sono i bocconi amari, le ingiustizie, le infamie, le prepotenze, che ci tocca d'ingozzare, che c'infràcidano lo stomaco! il non poter sfogare, signora! il non potere aprire la valvola della pazzia! Lei, può aprirla: ringrazi Dio, signora! Sarà la sua salute, per altri cent'anni! - Cominci, cominci a gridare!



A Bea che ha aperto la valvola della pazzia e mi vuole mettere in guardia dalle sue grida e a Pino Scaccia che chiede "Noi del blog, siamo tutti un po' folli?", rispondo che il mio senno è già da tempo del tutto svaporato sulla luna, come quello di Orlando, ma che non incaricherò nessun Astolfo d’andarlo a recuperare.

CompliceMente e PazzoidaMente... Lunatica

mercoledì, dicembre 18, 2002

Rinuncio al nero, ma porto il manto della tua forza

Sperando che il niente nasconda l'infinito, come un gesto l'amore


Errata corrige: il silenzio non semplicemente sembra confermare, conferma punto. (Come tutto il resto).

martedì, dicembre 17, 2002

In nomen omen

Nel nome il destino, dicevano i latini ed attribuivano alla parola una forza magica vincolante, un potere normativo, la capacità di modificare in definitiva la realtà mediante l'enunciazione di determinate formule in determinate situazioni.
Per questo motivo, io, che del pensiero degli antichi ho fatto oggetto di studi, non volevo nominare il segno che avevo visto, temendo che, pronunciando il nomen, potesse io stessa dare forza e concretezza all'omen, aprirgli la strada.
sedici dicembre
Posso scrivere i versi più tristi stanotte.

Scrivere, per esempio. "La notte è stellata,
e tremano, azzurri, gli astri in lontananza".

E il vento della notte gira nel cielo e canta.

Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
Io l'ho amata e a volte anche lei mi amava.

In notti come questa l'ho tenuta tra le braccia.

L'ho baciata tante volte sotto il cielo infinito.

Lei mi ha amato e a volte anch'io l'amavo.
Come non amare i suoi grandi occhi fissi.

Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
Pensare che non l'ho più. Sentire che l'ho persa.


Sentire la notte immensa, ancor più immensa senza di lei.
E il verso scende sull'anima come la rugiada sul prato.

Poco importa che il mio amore non abbia saputo fermarla.
La notte è stellata e lei non è con me.

Questo è tutto. Lontano, qualcuno canta. Lontano.
La mia anima non si rassegna d'averla persa.

Come per avvicinarla, il mio sguardo la cerca.
Il mio cuore la cerca, e lei non è con me.

La stessa notte che sbianca gli stessi alberi.
Noi, quelli d'allora, già non siamo gli stessi.

Io non l'amo più, è vero, ma quanto l'ho amata.
La mia voce cercava il vento per arrivare alle sue orecchie.

D'un altro. Sarà d'un altro. Come prima dei miei baci.
La sua voce, il suo corpo chiaro. I suoi occhi infiniti.

Ormai non l'amo più, è vero, ma forse l'amo ancora.
E' così breve l'amore e così lungo l'oblio.

E siccome in notti come questa l'ho tenuta tra le braccia,
la mia anima non si rassegna d'averla persa.

Benchè questo sia l'ultimo dolore che lei mi causa,
e questi gli ultimi versi che io le scrivo.


Pablo Neruda

lunedì, dicembre 16, 2002

Stengi, tempo fa, mi chiese perchè sul blog non scrivessi mai d'attualità, come invece ero solita fare altrove, animando - complice anche lui - discussioni su notizie varie.
Risposi che questo blog era semplicemente una moleskine telematica, a portata di ma...us [mouse], nulla di più.
Negli ultimi giorni, però, m'è capitato sempre più frequentemente di ricordare iniziative varie e talora di riportare commenti miei o più autorevoli a proposito di esse. Risultato: quest'ultimi dieci giorni il blog è diventato un pout pourri, un po' diario, un po' bacheca, un po'.

Al che m'è venuto in mente uno stralcio dell'intervista di Pietro di BlogOltre a Palomar

"Pietro: ....anche i nostri weblog creature virtuali di parole potrebbero in qualche caso diventare corpo.

Palomar: Lo sono effettivamente, anche se a frammenti. Le parole scritte formano un lungo serpernte che costituisce l'identità del blog e del narratore, ma è tutto in divenire. Ogni pensiero scritto si aggiunge al resto, arricchendolo e modificandolo al contempo. Il limite, che è anche una potenzialità, sta nell'essere parziale, perché si riesce solo a mettere una parte del nostro corpo (inteso come personalità). E' comunque un corpo monco. Una soluzione assurda, e affascinante, sarebbe quella di avere più di un web log, con diversi tipi di narrazione, per poter far esprimere più parti della nostra interezza e tendere così all'unitarietà...."

Solo ora, riportandolo, sto notando l'aggettivo assurda... Non stupirà dunque, dopo il precedente post, che abbia deciso di dedicare un altro web-log ad un tipo di narrazione diverso da quello che ha di solito caratterizzato questo...

Ecco il nuovo spazio:etcetera.blog

sabato, dicembre 14, 2002

Sono assurda punto.
Castelli di rabbia
L'ho letto tempo fa. In una notte. A lungo m'hanno tenuto compagnia certi personaggi, certe frasi, certe pagine.
Per un amico che ha appena finito di leggerlo, questi sono i passaggi che più sono rimasti dentro a me.

Gli erano entrate negli occhi, quelle due immagini, come l'istantanea percezione di una felicità assoluta e incondizionata. Se le sarebbe portate dietro per sempre. Perchè è così che ti frega, la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quand'è troppo tardi. E già sei, per sempre, un esule: a migliaia di chilometri da quell'immagine, da quel suono, da quell'odore. Alla deriva.

...vedi come ogni volta, sempre, il passato resiste al futuro, conia incredibili compromessi senza il minimo senso del ridicolo, si mortifica perdutamente pur di continuare a possedere il presente, anche a tempo scaduto, ostinato e ottuso..."

Ma tu... tu sembra che devi vincerla, la vita, come se fosse una sfida... sembra che devi stravincerla... una cosa del genere. Una roba strana. E' un po' come fare tante bocce di cristallo.. e grandi... prima o poi te ne scoppia qualcuna... e a te chissà quante te ne sono già scoppiate, e quante te ne scoppieranno...... Però... [...]
Però quando la gente ti dirà che hai sbagliato... e avrai errori dappertutto dietro la schiena, fottitene. Ricordatene. Devi fottertene. Tutte le bocce di cristallo che avrai rotto erano solo vita... non sono quelli gli errori... quella è vita.. e la vita vera magari è proprio quella che si spacca, quella vita su cento che alla fine si spacca........ io questo l'ho capito, che il mondo è pieno di gente che gira con in tasca le sue piccole biglie di vetro... le sue piccole tristi biglie infrangibili... e allora tu non smetterla mai di soffiare nelle tue sfere di cristallo... sono belle, a me è piaciuto guardarle, per tutto il tempo che ti sono stato vicino... ci si vede dentro tanta roba... è una cosa che ti mette l'allegria addosso... non smetterla mai... e se un giorno scoppieranno anche quella sarà vita, a modo suo... meravigliosa vita.

quel che di bello c'è nella vita è sempre un segreto... per me è stato così... le cose che si sanno sono le cose normali, o le cose brutte, ma poi ci sono dei segreti, ed è lì che si va a nascondere la felicità...

La strana intimità di quelle due rotaie. La certezza di non incontrarsi mai. L'ostinazione con cui continuano a corrersi di fianco. Gli ricorda qualcosa, tutto questo.

Accadono cose che sono come domande. Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde.

è consuetudine del destino dare strani appuntamenti

Ma quando ti viene quella voglia di piangere pazzesca, che proprio ti strizza tutto, che non la riesci a fermare, allora non c'è verso di spiaccicare una sola parola, non esce più niente, ti torna tutto indietro, tutto dentro, ingoiato da quei dannati singhiozzi, naufragato nel silenzio di quelle stupide lacrime. Maledizione. Con tutto quello che uno vorrebbe dire... E invece niente, non esce fuori niente. Si può essere fatti peggio di così?

il sollievo del commiato - questa, forse è poi la cosa più commovente di tutte - la filigrana del commiato - se solo si sapesse sentirla sotto le dita - la dolcezza che fila l'istante del commiato

[questo mondo] ha di strano che è normale. [...] qui si vive al riparo. E non è una cosa spregevole. E' bello. [...] C'è una dignità immensa, nella gente, quando si porta addosso le proprie paure, senza barare, come medaglie della propria mediocrità. Ed io sono uno di quelli. Si guardava sempre l'infinito, a Quinnipak, insieme a te. Ma qui non c'è l'infinito. E così guardiamo le cose, e questo ci basta. Ogni tanto, nei momenti più impensati, siamo felici...
E poi chi l'ha detto che si deve proprio vivere allo scoperto, sempre sporti sul cornicione delle cose, a cercare l'impossibile, a spiare tutte le scappatoie per sgusciare via dalla realtà? E' proprio obbligatorio essere eccezionali?

La sera, come tutte le sere, venne la sera. Non c'è niente da fare: quella è una cosa che non guarda in faccia nessuno. Succede e basta. Non importa che razza di giorno arriva a spegnere. Magari era stato un giorno eccezionale, ma non cambia nulla. Arriva e lo spegne. Amen


Alessandro Baricco
lette qua e là... come fossero state scritte per me

Comincia a cancellare i desideri che ti portano indietro... rinuncia alla voglia di ricreare piaceri scaduti del passato, ripudia l'impulso a tornare quello che eri o ad avere qualcosa che possedevi, resisti al fascino di sentimenti che ti tengono legato a obiettivi senza uscita, ed evita qualunque dipendenza da sensazioni che non hanno alcuna importanza per il tuo futuro...

...dei significati tra le righe che tutti conoscono ma cercano di ignorare, dei misteri inespressi che devono essere rivelati, e delle illusioni che non puoi più permetterti di nutrire.

Scruta attraverso le fessure della superficie fino alla parte più interna. Non aver paura di curiosare tra i misteri insondabili celati dietro le domande più ovvie... apri la porta segreta che conduce alla porta ancora più nascosta da cui si arriva all'oasi più intima e fertile di tutte...


...come fossero state scritte per lui

...una forma d'amore più alta e più vigorosa ti chiama da un orizzonte non troppo lontano. Sfortunatamente non sei ancora pronto per cambiare rotta e inseguirlo. Qual è il problema? Le tue difese sono troppo forti... Se vuoi un rendez-vous con la dolcezza devi proteggerti di meno.... Fai l'inventario delle sottili paure che ti hanno spinto a crearti un'armatura così resistente. Rifletti sulla possibilità che almeno alcune di queste paure siano basate su una logica sbagliata.
The saddameter
"Probabilità che ci sia una guerra contro l'Iraq, secondo
William Saletan di Slate. Calcolo compiuto analizzando le
notizie del giorno. Ieri era del 62 per cento."

mercoledì, dicembre 11, 2002

Fiaccolata
Non sono brava a fare stime numeriche, di nessun tipo. Ma ho sentito dire a qualcuno che ieri sera a marciare per la pace fossimo almeno in 1500. Io sono andata in piazza con un gruppetto di... uhm... venti e più persone... con sulle spalle chi lenzuola bianche chi la bandiera della pace colorata... io avevo persino legato i capelli con lo straccetto bianco col simbolo di Emergency... melius abundare quam deficere... In piazza bambini, anziani, rasta, signore elegantissime, liceali... iscritti al sindacato all'Arci a Lega Ambiente al Comitato Universitario... Ragazzi del CSA che gridavano "Liberate Luca", un ragazzo che l'anno scorso ha manifestato contro il G8 a Genova e a cui sono stati inflitti gli arresti domiciliari nei giorni scorsi... Bandiere e striscioni... Fiaccole e candele... Tam-tam vari... Sorrisi calore entusiasmo... Sono stata parte di qualcosa di bello.
oggi
trafiletto su Il Corriere

[GalleriaImmagini]
oggi
Fiaccole d'Italia contro la guerra



Manifestazioni in 260 città nell'anniversario della dichiarazione dei diritti dell'uomo.

Decine di migliaia di persone a Milano, altre migliaia a Bologna, Roma, Napoli, Palermo e in decine di comuni, da Montenero di Bisaccia a Termini Imerese (con gli operai della Fiat in lotta). L'Italia che ripudia la guerra è scesa ancora una volta in piazza, ieri pomeriggio, per chiedere che il nostro paese non prenda parte al conflitto contro l'Iraq. E lo ha fatto, come chiedeva Emergency, portando con sé semplicemente una fiaccola e uno «straccio di pace», proprio nel giorno in cui si è assistito a un'ennesima precipitazione verso il conflitto: ancora un bombardamento angloamericano nel sud dell'Iraq; il blitz della Cia che ha sottratto all'Onu il dossier iracheno sulle armi, provocando la dura reazione irachena; Saddam Hussein che convoca lo stato maggiore della difesa e chiede ai suoi generali di prepararsi alla guerra; il premier inglese Tony Blair che sostiene che non c'è bisogno di un altro voto dell'Onu per attaccare. Ma dalla Norvegia, dove è stato consegnato il premio Nobel per la pace a Jimmy Carter (che ha detto un no secco alla guerra preventiva), agli Stati uniti, dove nell'anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo si è manifestato in quindici stati (compresa la capitale Washington), all'Italia (dove in centinaia di migliaia hanno manifestato in 260 città grandi e piccole) il movimento pacifista è tornato a far sentire forte la sua voce. Mentre un centinaio di attori di Hollywood (da Kim Basinger a Ethan Hawke, a Martin Sheen) ha spedito alla Casa Bianca una lettera nella quale invita il presidente a rinunciare alla «retorica di guerra» contro l'Iraq. E questa mattina il fondatore di Emergency Gino Strada sarà ricevuto al Vaticano da papa Giovanni Paolo II, al quale nei giorni scorsi aveva inviato una lettera chiedendo «di unirsi a noi con un segno di pace», un gesto che «potrebbe davvero salvare molte vite umane».

et cetera sempre su Il Manifesto, l'unico quotidiano che abbia dedicato uno spazio ampio a queste iniziative
ieri
"Il nostro diritto" di Gino Strada

Due mesi fa avevamo chiesto ai cittadini di dare un segno di pace per il 10 dicembre, nell'anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Avevamo chiesto di portare stracci bianchi, candele e bandiere di pace nelle piazze delle nostre città, dei nostri comuni, per dire che non vogliamo guerre nel futuro dei nostri figli.

Per tenere l'Italia fuori dalla guerra. E la guerra fuori dall'Italia.

Oggi, in Italia, sta succedendo qualche cosa di nuovo. L'iniziativa «Fuori l'Italia dalla guerra», lanciata da Emergency, Libera, Rete Lilliput e Tavola della Pace, è stata rigorosamente, scientificamente ignorata dai grandi mezzi di comunicazione televisivi e della carta stampata. A volte, quando frettolosamente ne è stata data notizia, se ne è travisato il significato presentandola come una «manifestazione di protesta».

Eppure la censura, in questo caso, non ha funzionato. Né hanno funzionato le stupidaggini dei vari «opinionisti» guerrafondai, pagati per trasformare l'informazione in spot pubblicitario della guerra.

E' successo che le persone, i cittadini, hanno ripreso a parlarsi, a interrogarsi sulla guerra e sulla pace, a comunicare gli uni agli altri il disagio, l'angoscia - o più semplicemente la perplessità - per un mondo che anziché progredire si ritrova, un'altra volta, sull'orlo di un conflitto che sarà devastante per tutti.

Un mondo sul quale si proietta come un'ombra lo spettro di un conflitto - l'attacco all'Iraq - che potrebbe allargarsi, e nel quale potrebbero essere usati anche ordigni nucleari. Così, nonostante la censura, o forse proprio a causa della censura, è scattato il passaparola: oggi in centinaia di città si svolgeranno iniziative contro la guerra. Milioni di cittadini saranno coinvolti, in questa gigantesca dimostrazione nonviolenta, esprimeranno la loro voglia pace. Regioni, Province, Comuni, centinaia di scuole, centinaia di associazioni di volontariato cattoliche e laiche, sindacali, centinaia di migliaia di famiglie diranno oggi con noi no alla guerra.

Negli ultimi decenni, decine di conflitti hanno insanguinato il pianeta producendo milioni di vittime e un enorme carico di disperazione e di povertà. Nel terzo millennio ancora non riusciamo a mettere al bando la guerra come mezzo di risoluzione dei nostri problemi. Perché? Perché non siamo capaci di trovare strategie alternative?

Il mondo in cui viviamo non è un quel «villaggio globale» che molti si ostinano a farci credere. Di villaggi, infatti, ce ne sono almeno due: il primo, di medie dimensioni - conta solo un miliardo e duecentomila persone - consuma l'83% delle risorse del pianeta. Di fronte a questo dato statistico si passa oltre frettolosamente, si prosegue nella lettura. Invece occorrerebbe rileggere la frase fino ad impararla a memoria, e a capirne il senso, perché lì dentro c'è tutta la cattiva coscienza - e soprattutto il crimine - del mondo sviluppato, civilizzato, democratico, libero.

Noi di Emergency, da cittadini di quel villaggio, crediamo sia un dovere morale riconoscere che ai quattro aggettivi di cui sopra dovremmo mettere le virgolette, per toglierle solo quando avremo risarcito e restituito il maltolto. Perché noi consumiamo l'83% delle risorse di tutti, e siamo solo il 20 percento della popolazione mondiale. E allora la nostra libertà e i nostri lussi, il potere e il danaro che ostentiamo ogni momento, tutto quello che abbiamo, insomma, è nostro, in buona parte, perché lo abbiamo sottratto ad altri. Certo non siamo andati noi personalmente a rubare di notte, ma è un fatto che nei Paesi dai quali importiamo frutti esotici per i nostri party gli esseri umani muoiono a milioni.

Loro, abitanti del secondo villaggio - di dimensioni enormi, in cui vivono quattro miliardi e settecento milioni di persone - sono nella situazione di doversi spartire quel 17% delle risorse rimasto disponibile. Lì, in quel villaggio, gli esseri umani nel terzo millennio muoiono di fame e di malattie, di povertà e di guerre.

Riusciamo ancora, noi democratici, donne e uomini liberi, a capire che cosa voglia dire morire di fame? Riusciamo a immaginare i mesi, i giorni, le ore che precedono la morte di un uomo, quando la sua vita si spegne semplicemente perché non ha nulla da mangiare? In quello sterminato villaggio si muore di povertà, perché chi deve tirare avanti con un dollaro al giorno spesso mangia poco e male, e vive in immondezzai, dove abitano anche malaria e tubercolosi, e alla fine, per una ragione o per l'altra o per tutte insieme, muore.

E si muore per le guerre. Conflitti tribali, sentenziano in molti, con il disprezzo tipico degli ignoranti, «si ammazzano da sempre, sono dei selvaggi».

Non ci meraviglia che ci sia tanta violenza dove la vita è misera, squallida e umiliante per tutti. Stupisce, piuttosto, che i grandi media liberi e indipendenti non facciano sapere ai cittadini che l'85% delle armi che massacrano donne e bambini in quei conflitti provengono dai rispettabilissimi paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu, che le vendono ai dittatori e ai macellai di turno.

La maggior parte dei conflitti oggi in corso, e di quelli cui abbiamo assistito negli ultimi quarant'anni, sono stati incoraggiati, finanziati, armati, e in qualche caso pianificati dall'uno o dall'altro di quei paesi che insieme dovrebbero garantire «la sicurezza del pianeta».


Perché lo hanno fatto, e lo stanno facendo: libertà e democrazia, giustizia e diritti umani? Non prendiamoci in giro, sappiamo tutti benissimo che lo fanno per interessi economici, cioè perché in quei paesi c'è chi sulle guerre guadagna enormi quantità di danaro.

Loro, le grandi lobby che decidono le scelte politiche, sono una piccolissima parte del nostro villaggio, una specie di quartiere residenziale molto esclusivo: famiglie potenti, padroni del petrolio e delle armi, della finanza e dell'informazione, tanto per incominciare.

Hanno preso il potere in moltissimi paesi, a volte, dove sono riusciti, perfino in modo «democratico», imbottendo i cittadini di false informazioni per carpirne il consenso e il voto.

«Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti» afferma l'articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. E' stata sottoscritta anche dall'Italia. E' davvero così, per gli esseri umani che nascono nel 2003 sul pianeta Terra?

C'è giustizia nel mondo in cui viviamo, c'è solidarietà tra gli esseri umani? Agiscono, come dovrebbero in base all'articolo 1 della Dichiarazione universale, «gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza?»

Il 10 dicembre del 1948, poco dopo la fine di una guerra devastante, è stata scritta la Dichiarazione universale dei diritti umani. Nel preambolo, l'assemblea generale dell'Onu considera il riconoscimento dei diritti umani, uguali e inalienabili per tutti gli uomini, come «il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo».

La Dichiarazione universale è stato il tentativo di definire le regole del nostro stare insieme, i diritti di ciascuno di noi, i valori da promuovere perché l'orrendo massacro non avesse a ripetersi, mai più. Per cancellare l'incubo dell'olocausto e di Hiroshima.

A 54 anni da quella Dichiarazione, non uno dei paesi firmatari può affermare di averla rispettata.

Siamo convinti che le vittime civili siano la prima e forse l'unica verità della guerra, e che l'alternarsi di governi e dittatori ne siano soltanto, questi sì, effetti collaterali.

A cinquantaquattro anni da quella solenne Dichiarazione firmata e poi calpestata, siamo arrivati a un punto critico. Dobbiamo ricostruire i rapporti tra gli uomini sulla giustizia e sulla solidarietà. Altrimenti saremo condannati alla autodistruzione, non ci saranno vincitori né vinti, l'«esperimento umano» sarà fallito.

Praticare la Dichiarazione universale dei diritti umani è l'unico antidoto per vincere il cancro della guerra che sta divorando il pianeta. E' il primo dei compiti da scrivere nella nostra agenda, riuscirci è davvero nelle nostre mani. Per questo stasera si riempiranno le piazze italiane. Basta guerre, basta morti, basta vittime.

Gino Strada
ieri
"Senza ritorno" di Alex Zanotelli

E'un momento grave questo per l'umanità. Forse uno dei suoi momenti più gravi. Si tratta di vita e di morte per il pianeta, per la razza umana. Questa assurda guerra all'Iraq diventa il simbolo di una scelta radicale di fondo. Dobbiamo scegliere da che parte stiamo, se dalla parte della vita o della morte. Non si può più barare. Il 20% del mondo è ormai deciso a continuare a papparsi l'83% delle risorse del mondo. Anzi può assicurarsi con le armi di continuare a farlo. Le armi servono oggi a garantire che pochi possano continuare a papparsi quasi tutto a spese di molto morti di fame. Solo lo strapotere delle armi può permetterci questo. Infatti utilizzando l'11 settembre il complesso industriale militare americano ha forzato il governo americano ad investire 500 miliardi di dollari in armi. Bush ha già firmato giorni fa un bilancio della difesa di 378 miliardi di dollari e l'Europa dovrebbe investire 250 miliardi di dollari. E' un'altra maniera, questa, per rilanciare l'economia mondiale in recessione.
Secondo, gli Usa stanno rinnovando tutto l'armamentario atomico (60 miliardi di dollari). Gli Usa affermano che useranno l'atomica ovunque i loro interessi militari saranno minacciati. Terzo gli Usa hanno già stanziato 70 miliardi di dollari per la costruzione dello scudo spaziale. Quarto gli Usa hanno già messo a parte 100 miliardi di dollari per la guerra contro l'Iraq (gli esperti dicono che ci costerà circa 200 miliardi di dollari). Questa è una macchina da guerra infernale per lottare contro il «terrorismo internazionale». Ma dobbiamo pur chiederci: chi sono i terroristi? Non siamo forse noi che costruiamo un folle arsenale per proteggere lo stile di vita del 20% del mondo? E' stato lo stesso ministro della difesa americana Rumsfeld a dirlo. Quando gli è stato chiesto cosa ritenesse vittoria nella nuova guerra contro il terrorismo ha risposto che per lui sarebbe vittoria se tutto il mondo accettasse che gli americani siano liberi di continuare con il loro stile di vita. E gli americani sono disposti ad usare anche l'arma atomica se i loro interessi vitali saranno minacciati.

Questa è follia collettiva! Per questo dobbiamo dire un no categorico a questa guerra. E' un momento di non ritorno. Altrimenti sarà la guerra infinita. E' una questione morale ed etica per tutti (credenti e non). Non può esistere una «guerra preventiva» (è importante l'editoriale dell'ultima Civiltà Cattolica che bolla senza mezzi termini questa guerra).

Gli ingenti investimenti in armi tolgono risorse alla vita: con 13 miliardi di dollari potremmo risolvere fame e sanità per un anno e per tutto il mondo. Ma questo sistema uccide poi lo stesso pianeta il cui stato di salute è già così precario! Questa guerra sarà un'altra botta ecologica incredibile.

E la guerra nucleare resta una reale possibilità in questa guerra all'Iraq (è il monito che ci viene rivolto da tanti scienziati!).

Insieme a tanti pensatori (René Girard, Bailey, ecc) ritengo che stiamo attraversando la più grave crisi che l'homo sapiens abbia mai vissuto: il genio della violenza è fuggito dalla bottiglia e non esiste più nessun potere che potrà rimettervelo dentro. All'umanità rimane solo una scelta: rendere tabù la violenza e la guerra. L'umanità ha fatto una simile operazione con l'incesto che era praticato nelle antiche società. Quando l'uomo vide che l'incesto faceva male alla razza umana lo ha reso tabù. Penso che non ci resta che questo: rendere tabù la guerra e la violenza. E' questo il salto di qualità che l'umanità è chiamata a fare. E' la scelta della non violenza attiva come praticata da Gesù, Ghandi, Martin Luther King.... È una scelta di civiltà. E' l'unica strada che ci rimane.

Alex Zanotelli

martedì, dicembre 10, 2002

Era già passata mezzanotte, era già oggi, era già 10 dicembre quando la mia pastorella sarda mi ha mandato tramite sms una stupenda poesia di Hikmet. Deve avere avuto un certo sesto senso o non so.
Avevo nove anni quando, in prima media, la imparai a memoria. Avrei dovuto recitarla la mattina del 10 dicembre insieme ad altre poesie, in occasione dell'anniversario della Dichiarazione dei Diritti Umani.
La sera della vigilia ero emozionata. Del resto, era da pochi mesi che avevo fatto il salto dalle elementari alle medie. Era tutto nuovo: compagni, insegnanti, aule, etc.
Il mattino: "Svegliatevi".
Apro gli occhi. La figura che mi si staglia davanti è ancora offuscata dal velo del sonno, poi si fa via via più chiara.
Stupore.
Non è mamma. Non è papà. E' lo zio.
"E mamma e papà?" "Sono dovuti partire stanotte ed andare a Vena, perchè la nonna sta poco bene. Non vi hanno voluto svegliare. Non vi preoccupate comunque" rivolto a me ed alla mia sorellina. "Oggi verrete a pranzare ed a dormire da noi".
Mi preparo per la recita, ma tristi sensazioni m'impediscono di essere entusiasta.
Ora cammino per uno dei corridoi della scuola.
Mia mamma insegna lì, ma in un corso diverso da quello che frequento io.
Mi fermano due sue colleghe: "E' vero che è morta la nonna?" Ed io: "No!! La nonna non è morta! Sta solo poco bene"
Le sensazioni si fanno più prepotenti, ma io mi ostino a non prestare loro ascolto, a cacciarle via.
Della recita delle poesie, tra cui quella di Hikmet, ho ricordi confusi.
Ricordo poi me sul divano della cucina degli zii a piangere.
Esattamente un anno prima avevo perso il nonno paterno. Ora piangevo la perdita della mia nonna materna, la mia nonna preferita...
Non voglio scrivere nè del nonno, nè della nonna. Voglio solo recitare una poesia come allora, ma stavolta dedicarla a loro. E soffermarmi sull'ancora, fiduciosa che non sia un mai.

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto


Nazim Hikmet
Inoltre...



"...in concomitanza con le fiaccolate su tutto il territorio nazionale, si accenderà per 10 ore "No War Television", per documentare tutte le iniziative legate alla campagna "Fuori l’Italia dalla Guerra" e garantire una maggiore visibilità agli avvenimenti della giornata. [...] No War Television trasmettera’ su satellite e, dalle 15 su satellite e dalle 22 anche su alcuni canali locali".

Ci saranno interventi di Gino Strada, Alex Zanotelli ed altri.

Qui maggiori informazioni e continui aggiornamenti.
Ricordo...



Oggi, in occasione dell'anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti Umani, verranno organizzate fiaccolate in molte città italiane.
Sul sito di emergency è possibile trovare un elenco aggiornato delle località che aderiranno all'iniziativa, l'ora ed il luogo di ritrovo e gli indirizzi email dei gruppi di Emergency a cui rivolgersi per informazioni.

Io andrò con la mia bandiera della pace...

Dal momento che ci sono, vi segnalo anche l'iniziativa
Dipingiamo di pace le città

vi chiedo un aiuto...

Per cosa può stare T.M.C.???? Mi sono fissata!

(Non è la sigla di qualche organizzazione associazione o che... è un messaggio siglato... e non sono necessariamente parole rivolte ad una seconda persona)

domenica, dicembre 08, 2002

Premesso che
* un mese fa, ho scambiato il mio cellulare con quello di mia madre, perchè il mio dava chiari segni di agonia e forse lei e papà sarebbero riusciti a trovare qualcuno in grado di ripararlo
* non ci sono riusciti
* sul cellulare di mia madre, il credito residuo era costantemente visualizzato sul display, sul mio no a meno che non fosse esaurito

telefonata vivavoce coi miei

Papà - Ah, stavo dimenticando, sono due giorni che alla mamma vengono rifiutate le chiamate che fa. Avrà selezionato per sbaglio qualche opzione che impedisce le chiamate in uscita?
Io - Le vengono rifiutate tutte le chiamate?
Papà - Sì tutte!
Mamma - Ogni volta che provo a chiamare qualcuno, mi appare "Chiamata rifiutata"
Io - Mamma, per caso sul display appare zero punto?
Mamma - Guardo... Sì c'è uno zero seguito da un punto.
Io - Mamma... hai esaurito il credito!!
Papà - E lei che mi rimbrottava da due giorni in qua "Perchè rifiuti tutte le mie chiamate?"
Risata generale

Sono momenti così, spensierati e lieti, che, seppure mediati dal telefono, mi fanno sentire meno pesante la distanza.

E' da fine agosto che manco da casa e, durante la mia assenza, chissà quante cose saranno cambiate... Ho un po' nostalgia dei momenti infamiglia, del mio mare e del mio cielo... E forse ho anche bisogno di guardare la mia vita di qui da lontano...
Venerdì notte sono stata malissimo. In un momento di quasi disperazione, avevo persino pensato di chiamare Gigi o la mia "morosa" (non miei per non allarmarmi senza motivo nella notte), ma ho resistito.
Ieri ho detto della notte stremante a Gigi e lui si è subito premurato di farmi delle raccomandazioni, al che gli ho chiesto scherzosamente "Dottore, che cura mi suggerisce?" e lui "Le solite cose: mangia leggero, non prendere freddo (nel caso sia influenza). Se i sintomi persistono, consultare un - altro - medico". Ed il cuore ha sorriso, come qualche giorno fa, quando ha esordito scrivendomi "Tesoro". Se lo scrivesse chiunque altro, forse mi sembrerebbe melenso o pomposo o. Scritto da lui, invece è una carezza al cuore.
venerdì sera
Manifestare alcuni dei dubbi che mi sono balenati in mente quest'ultimo mese è stato un sollievo. Convivo da sempre con le cose non dette e, quando riesco ad alleggerirmene, mi sento meglio.
E' buffo inoltre pensare come, nella solitudine, confessare determinate perplessità m'apparisse chissà quanto difficile ed improbabile e sia poi avvenuto con tale naturalezza.

venerdì, dicembre 06, 2002

In due giorni ho divorato tre romanzi... Da oggi devo assolutamente dare la priorità ad un altro genere di letture... e soprattutto alla scrittura (non del blog)
Arcodamore
"Leo, porca miseria, ti rendi conto di quanto ci rinchiudiamo fuori dalla vita, per comodità e per abitudine e per semplice mancanza di occasioni? Di come ci barrichiamo in un angolo, e ci sembra anche di stare bene? E fuori intanto c'è la vita, e al più ci accontentiamo di immaginarcela, o di guardarla filtrata o imitata in un film o in un libro ogni tanto? La sfioriamo solo, e il tempo passa via mentre noi siamo lì barricati nei nostri soggiorni arredati con tanta cura. ... E cosa facciamo una volta che ce ne rendiamo conto? Ci rassegniamo? O tiriamo fuori il coraggio di smetterla di fare i guardoni e buttarci nelle cose?"

Il taglio brusco della separazione aveva consumato in una volta sola tutte le mie capacità di decidere, mi aveva lasciato vago e incerto, perso nei miei ritmi ciclici delle mie giornate. ... Avevo continuato a ondeggiare tra impulsi contrastanti, accenni di gesti e pensieri, sentimenti che arrivavano a metà strada e tornavano indietro. Poi l'ultima estate era calda da morire, e il caldo aveva sciolto la colla che teneva insieme la mia vasca di pesce incerto, l'acqua era fiottata fuori...

Riuscivo a intravedere una sicurezza esile ma persistente al fondo delle sue esitazioni e dei suoi tremiti: uno strato inattaccabile dai dubbi come la nervatura in fibra di vetro in una struttura leggera. ... Non era un semplice passo esitante: era una specie di vibrazione di allarme che saliva dai piedi e la attraversava tutta fino agli occhi. Muoveva le braccia per accompagnare o compensare questa vibrazione; le slanciava ai lati in piccoli scatti che mi provocavano brividi di non responsabilità mescolati ad una strana forma di attrazione.

Non riuscivo più a fermarmi, era come cadere giù per una scala e ogni gradino era più ripido e angoloso dell'altro, ogni gesto più sbagliato.

Mi sembrava di non essere riuscito a concludere niente nella vita, di avere solo inseguito a scatti qualche immagine vaga, buttato via tutto quello che avevo per qualche sensazione già esaurita e ormai inconsistente nel freddo umido che mi penetrava attraverso i vestiti fino alle ossa.

Avevo voglia di correre fuori da qualsiasi parte, pur di reagire; di stabilire qualunque contatto con il mondo, attaccarmi a qualunque occassione di movimento mi passasse vicina.

Nell'insieme questi difetti le stavano bene come delle qualità, davano solo un velo di vita al suo modo di essere attraente.

Mi è venuto in mente un suo sguardo e un suo sorriso, il modo che aveva di girare la testa. E' durato un attimo, come un'interferenza radio.

Era il genere di rammarico che si può avere per una voce sentita a distanza o per un sorriso irraggiungibile; e invece di attenuarsi diventava più acuto, mi impediva quasi di respirare.

Mi sembrava di avere un'affinità naturale con lei come solo mi ero immaginato potesse capitare nella vita; di averla lasciata passare oltre con un'inerzia da oppiomane.

Avrei voluto stare sveglio ma non ci riuscivo: piccole onde di lago mi riverberavano attraverso cerchi concentrici che si allontanavano e ripartivano dall'inizio, il tempo vibrava quasi immobile come la superficie su cui ero sdraiato.

L'ho chiamata... Non credo l'avrei fatto se le mie percezioni fossero state più nitide; probabilmente ci avrei pensato a lungo, e mi sarebbero venuti dubbi, e scrupoli... Avevo sempre questa tendenza a non forzare le circostanze, lasciare che le cose capitassero per conto loro se dovevano capitare; non ero mai stato un grande afferratore di occasioni o un angolatore di eventi o un sollevatore di contatti. A volte lascaivo passare il momento utile e le circostanze favorevoli, pur di non forzare niente, stavo a guardarli scivolare via oltre l'orizzonte: anche con una parte di compiacimento, debole e lento come una delusione.

E c'era una vicinanza stupefacente nel suo sguardo e nel suo tono, non mi sembrava di avere mai parlato con qualcuno di così simile a me in vita mia.

Eravamo solo a un metro di distanza, ognuno dei due sospeso in un tentativo di decifrare le espressioni dell'altro. Mi sembrava che ci volesse poco a chiederle almeno come stavano le cose, che bastasse un sorriso o una parola per riaprire una comunicazione e tornare forse vicini; ma la miscela di tristezza e sollievo mi invischiava completamente, come miele avvelenato. ... Avevo un tono ridicolo ormai, da commedia teatrale di terz'ordine, mi ascoltavo dal di fuori e mi facevo rabbia.

Era una specie di scherma laser di gelosie, intense e inconsisteni nello stesso modo tutte e due, una prevaleva sull'altra a tratti.

Mi sembrava di essermi avventurato solo di un passo per un sentiero che portava in un territorio caldo e delicato già danneggiato in passato, e sapevo già prima di saperlo che non mi sarebbe stato facile venirne fuori, eppure andavo avanti sempre più a fondo, sempre meno consapevole.

..anche se non sapevo niente di lei mi sembrava davvero di conoscerla da sempre, di essere cresciuto con lei fin da quando eravamo bambini, avere una memoria precisa di ogni minima sfumatura dietro i suoi moviemnti e i suoi respiri.

Ci siamo baciati, al tavolo d'angolo nel bar quasi vuoto, e c'era un senso strano di attesa in ogni gesto e sguardo che ci scambiavamo, un senso di non spiegato e di non richiesto, familiare ed estraneo, divertito e faticoso e sicuro e incerto.

...e di colpo mi è sembrato di restare a riva mentre l'unica barca al mondo se ne andava via.

E non mi faceva bene decifrare i frammenti della sua vita nella sua casa vuota: non mi faceva bene risalire a scatti nel suo passato e frugare tra le tracce che ne erano rimaste, lungo percorsi che forse avevano intersecato i miei senza che io ne sapessi niente. Mi comunicava un senso di perdita, invece che di arricchimento: più elementi raccoglievo su di lei e più mi sentivo povero, tagliato fuori da un fiume di giorni e mesi e anni scorsi via.

"Non dormo, non fumo. Mangio. Scrivo. Penso. Ci siamo detti così poco, è successo così poco. Eppure la naturalezza, la curiosità. Ma non sono io che mi sogno le cose e trasformo la realtà in base a quello che vorrei? Mi sono sempre buttata così tanto nelle cose in passato, ora ho una sorta di distacco, probabilmente di incredulità... Che per la prima volta si avveri un sogno? Un grande desiderio finalmente appagato? Dopo tutta questa sofferenza? E come soffocare il mare di sospetti, diffidenze, apure? Come percorrere serena questo sentiero, senza più guardarmi alle spalle? Cancellare tutto il passato, liberarmi dai pesi? E poi i dubbi... sarà proprio quello giusto? Non è l'ennesimo abbaglio? Però che momenti intensi, sensazioni. Mi sembra sciocco scriverle, ora. E' lui l'uomo che mi completa? Io credo di sì. L'ho sentito chiaramente. Me lo senso detto: E' lui!"

"Vorrei sapere dove sei questa notte, mentre qui sono le quattro e non riesco ad addormentarmi. Vorrei sapere cosa stai facendo e con chi sei, e che faccia hai, se ti ho già incontrato o ci siamo solo sfiorati qualche volta, se siamo sempre stati distanti senza il minimo punto di contatto. Vorrei sapere se ci incontreremo, e quando. Se ci incontreremo troppo tardi, o appena in tempo, o ci incontreremo ma non riusciremo neanche a capire che eravamo noi e quanto eravamo importanti l'uno per l'altra. Io credo che ti riconoscerei subito, anzi sono sicura. Mi basterebbe guardarti negli occhi un attimo per capire che sei tu, o solo guardarti entrare in una stanza. Mi basterebbe un secondo, o meno. Però adesso dove sei? Adesso che sono così sola e triste e senza speranza, dopo tutti questi uomini vili e freddi e mammoni e indifferenti e sadici e semplicemente sbagliati? Dove sei? E ci sei, poi?


Doveva succedere. ... E' una di quelle storie inevitabili, che sono lì dormienti magari per anni e aspettano solo di prender vita.

"Ma perchè?" le ho chiesto: colpito da quant'era torbida e venata di dolce e amaro la sua sensibilità, da quanto erano fatti a curve e salite e discese improvvise i suoi percorsi interiori. ... Il suo tono mi incantava e anche mi preoccupava, aveva un margine vulnerabile e un margine esposto, timidezza e voglia di essere vista nuda mescolate insieme come onde sottomarine molto ravvicinate.

Eravamo davvero abbastanza stupiti di trovarci vicini, non c'era molta dimestichezza tra di noi.

E sentivo che era sincera, e quanta fatica e quante sofferenze le era costato il suo modo di essere così aperta: quanto ci era arrivata per gradi e da sola, dentro e fuori le trappole e gli attacchi e i tentativi di distruzione del mondo.

La vedevo lontana e fuori portata, che guardava i miei gesti senza capirli e si spaventava della mia attenzione e perdeva il filo dei pensieri e l'equilibrio dei movimenti per cercare di difendersi dalla parte sbagliata.

Non capivo come avevo potuto ficcarmi in una situazione così complicata e pesante e piena di richieste implicite ed esplicite dopo tutto quello che mi ero detto e giurato; come avevo potuto lasciarmi risucchiare al cuore dei problemi e le aspettative e i dubbi di una donna peggio di come mi era mai capitato in passato.

"Anch'io ho sempre pensato di trovare un arco d'amore che non finisce mai"


Andrea De Carlo
L'età del malessere
In principio quel nome non mi piaceva. [...] E quella mattina scoprii che non riuscivo più a considerarlo un nome qualsiasi.

Si capisce che l'ami. E per quanto io ti parli di lui con sincerità, non cambierai il tuo sentimento per lui. E' così, lo so. Le esperienze degli altri non servono mai a niente. [...] Magari lo ami perchè non ti dà retta. Succede spesso così. Se tu fossi indifferente forse ti amerebbe lui.

E lo amo. E ogni cosa di lui mi è cara [...] Alle volte penso che mi voglia bene, solo un poco. Ma non so capirlo. Mi mente con tanta naturalezza che non posso fargliene una colpa. Alle volte è tenero, premuroso, poi improvvisamente diventa duro come una pietra. [...] Ma se non mi tormentassi, lo amerei lo stesso? E' incredibile come io veda chiaro e non riesca lo stesso a dominare i miei sentimenti.


Dacia Maraini
Stamattina avevo in testa il ritornello della canzone di un vecchio musical anni '50 e, in preda ad una delle mie fisse, ne ho cercato il testo... Bello cominciare la giornata così, e così di buonumore.

Kathy: Good mornin'
Rod: Good mornin'!
Don: We've talked the whole night through,
Kathy: Good mornin'
Kathy, Don & Rod: Good mornin' to you.
Good mornin', good mornin'!
It's great to stay up late,
Good mornin', good mornin' to you.

Rod: When the band began to play
The sun was shinin' bright.

Don: Now the milkman's on his way,
It's too late to say goodnight.

Kathy, Don & Rod: So, good mornin', good mornin'!
Sunbeams will soon smile through,
Good mornin', good mornin', to you,

Kathy: And you, and you, and you!
Good morning,
Good morning,
We've gabbed the whole night through.
Good morning, good morning to you.

Don & Rod: Nothin' could be grander than to be in Louisiana
Kathy, Don & Rod: In the morning,
In the morning,
It's great to stay up late!
Good mornin',
Good mornin' to you.

Don & Rod:It might be just a zippy
If you was in Mississipi!

Kathy: When we left the movie show
The future wasn't bright
But tame is gone
The show goes on
And I don't wanna say good night

Don & Rod: So say, Good Mornin'!
Kathy: Good Mornin'!
Kathy, Don & Rod: Rainbow is shining through
Kathy: Good Mornin'!
Don & Rod: Good Mornin'!
Kathy: Bon Jour!
Don & Rod: Bon Jour!
Kathy: Buenos Dias!
Don & Rod: Buenos Dias!
Kathy: Buon Giorno!
Don & Rod: Buon Giorno!
Kathy: Guten Morgen!
Don & Rod: Guten Morgen!
Kathy, Don & Rod: Good morning to you.

Waka laka laka wa
Waka laka laka wa...
Olè, toro, Bravo!

giovedì, dicembre 05, 2002

Uccelli da gabbia e da voliera
Non so se vi è capitato di volare sopra Milano in un giorno d'inverno. C'è una specie di enorme cupola grigia, appoggiata sulla coppa di pianura dov'è dilagata la città. E' una cupola fatta dello stesso materiale che la racchiude: ha uno spessore senza fine, formato da strati e strati di grigio così densi e fitti uno sopra l'altro da non lasciar trasparire niente di quello che c'è in fondo

Arrivo in piazza del Duomo. La luce dei lampioni è così filtrata e trattenuta dalle particelle d'acqua, che l'aria e gli edifici hanno la stessa identica densità. [...] Non c'è nessun colore, non c'è nessun contrasto. Non ci sono nemmeno molte sfumature di grigio: forse due o tre.

C'è questa specie di luce perfetta, che nasce dal chiaro dei suoi occhi e si diffonde sulla fornte, percorre il disegno del naso, si sofferma sulla superficie delle labbra, asseconda la piccola curva del mento, risale le tempie delicate fino a perdersi nel tessuto dei capelli chiari ma non biondi nè nocciola, che ricadono a piccole onde sulle spalle ben formate, sulla figura che siede leggera dietro la linea del paino elettrico. Ma qualunque sia la mia scelta di parole, qualunque l'immagine che risulta dal mio metterle insieme, non c'è speranza che io riesca a descriverla con la stessa rapidità con cui appare ai miei occhi quando mi giro sulla porta e allungo lo sguardo nella stanza. Ci vorrebbe una sola parola in grado di racchiudere nel suo involucro decine di significati simultanei indirizzati a sensi diversi. Ci vorrebbe una specie di TAC o qualcosa del genere, se solo fosse leggibile per come mi interessa.

Alla fine dico a Malaidina "Ma tu suoni in modo straordinario": scandito così suona come un complimento ironico o un'esagerazione. Il fatto è che non riesco a controllare il tono della mia voce; non riesco a selezionare le parole prima che mi escano dalle labbra.

Il fatto è che meno sono sicuro di me, più questa inflessione sbagliata dilaga in quello che dico e mi riempie di esitazioni che dai contorni delle parole penetrano al loro contenuto, così che quando un suono è lontano da quello che dovrebbe essere sono perso al centro del suo significato.

Questa città del cavolo è il posto più triste del mondo. Davvero. Ma non è nemmeno triste in modo drammatico, con abissi di sensazioni e scosse negative abbastanza forti da provocare spavento. E' una specie di tristezza atomizzata, che resta sospesa nel'aria e si impregna in ogni superficie porosa che ci passa attraverso.

La sua sincerità è così "fisica", così poco basata sulle parole, che quello che dice è solo un ornamento alle sue espressioni, come un nastro colorato su un regalo.

I nostri campi magnetici vengono a contatto: ogni suo piccolo movimento origina una vibrazione che dalla periferia del mio lato destro mi arriva profonda tra il cuore e lo stomaco. Mi giro verso di lei; lei si gira verso di me, si ritrae in modo quasi impercettibile. Ci guardiamo molto fisso negli occhi; l'involucro sottile che delimita i nostri campi magnetici si tende e si tende finchè di colpo si lacera come una pellicola trasparente, e i nostri campi magnetici si fondono in un istante, e pensieri e gesti e mani e dita si lasciano risucchiare senza opporre la minima resistenza, si dissolvono uno dentro l'altro.

Adesso non mi importa più niente di avere aspettato; è una situazione così lontana che non mi riguarda più in alcun modo. E' strano come una situazione viene privata di consistenza dalla situazione che le succede, e lo spazio che le apparteneva ridotto e ridotto fino allo spessore di un foglio di cellofane.

"Ma come mai [...] ti sei fatto mandare a Milano?" "Credo per incontrare te", dico io. [...] "Davvero. Non è che io vada sempre a cercare una ragione dietro quello che mi viene di fare. La ragione di solito viene fuori dopo, quando ce n'è una. Viene alla superficie per conto suo".

Di colpo ho paura che stiamo scivolando per una discesa ripida, senza molte possibilità di controllare la caduta.


Mi sembra di aver lasciato a Milano l'estremità di un elastico di pensieri che si tende e si tende con ogni chilometro che facciamo; più mi inclino sul volante e premo il piede sull'acceleratore, più mi sento tirare indietro.

Non capisco nemmeno se è la situazione che mi fa scivolare in pendenza, o sono io che inclino a forza la situazione.

...e mi viene in mente che non c'è mai il minimo punto di contatto tra quello che mi immagino di un posto o di una persona o di una situazione e quello che il posto o la persona o la situazione sono in realtà. Non c'è una volta che io anticipi qualcosa e poi veda che le mie immagini mentali si sovrappongono a quelle vere come due diapositive identiche; nemmeno simili.

Ma è strano come non riesco mai a restare preoccupato a lungo. La preoccupazione mi resta viva solo finchè la sua origine è visibile o percepibile in altri modi, poi perde controno e si dissolve appena questa si allontana dal mio campo visivo, o acustico o olfattivo. Non so se è una forma di distrazione, o di stupidità parziale, o. Un attimo sono spaventato, e un attimo dopo mi lascio assorbire da pensieri di tutt'altro genere.

I miei gesti si impigliano in una rete fina di esitazioni, rstano sospesi tra le maglie anche dopo che sono diventati dati di fatto.

La guardo nell'anticamera, e non capisco come ho potuto dimenticare così in tanti particolari della sua figura e del suo viso e del colore dei suoi occhi e del suo modo di muoversi e guardarsi attorno e respirare, e ugualmente essere convinto di avere un'immagine di lei abbastanza vivida.

Continuo a guardarla, e non so bene cosa dire. Più la guardo e meno so cosa dire. Il fatto è che i suoi tratti e i suoi colori e i suoi particolari sono resi così vivi da questo sbilanciamento di stati d'animo, che l'effetto d'insieme mi toglie il respiro e tende a paralizzarmi nella contemplazione. Allo stesso tempo vorrei aiutarla in qualche modo, invece di stare a inalare il suo aspetto in questo modo.

"Non puoi stare in guardia con me. MI sembra di aver nuotato nel latte fino a quando ti ho incontrata, e di essere tornato a nuotare nel latte appena sei sparita, e adesso che sei qui di nuovo non puoi guardarmi in questo modo e restare a distanza e aver paura che io mi stupisca o indigni per quello che hai fatto. Non me ne importa niente di cosa hai fatto. Mi importa solo di cosa sei. Hai capito?"

E' strano, perchè avevo anticipato questo momento con immagini definite fino ai particolari minori, e adesso che ci sono dentro è tutto abbastanza confuso. Non riesco bene a capire che relazione hanno i miei gesti con quello che provo, se sono all'origine o sulla coda o di fianco alle mie sensazioni.

Non ho voglia di dipendere così da questo ricevitore; di essere così proteso verso la voce all'altro capo del filo.

"Ci sono almeno dieci situazioni diverse dove vorrei essere con te"


Andrea De Carlo

mercoledì, dicembre 04, 2002

this silly game of love... you play... you win only to lose
Potessi rivivere la mia vita

La prossima volta oserei commettere più errori.
Mi rilasserei. Sarei più elastica. Sarei più stupida di quanto sono stata in questo viaggio.
Prenderei sul serio meno cose.
Coglierei più occasioni. Farei più viaggi.
Scalerei più montagne e nuoterei in più fiumi.
Mangerei più gelati e meno fagioli.
Avrei forse più guai effettivi e meno guai immaginari.
Ecco, io sono una di quelle persone che vive in modo sensato e sano ora dopo ora, giorno dopo giorno.
Oh ho avuto i miei momenti, e se dovessi rifarlo ne avrei degli altri. In effetti cercherei di non avere altro. Solo momenti.
Uno dopo l'altro, invece di prevedere tanti anni in anticipo dopo ciascun giorno.
Sono stata una di quelle persone che non vanno mai da nessuna parte senza un termometro, una borsa dell'acqua calda, un impermeabile e un paracadute.
Se dovessi rifarlo, viaggerei più leggera la prossima volta.
Se potessi rivivere la mia vita, comincerei prima a stare a gambe nude in primavera e resterei così più a lungo in autunno.
Andrei a ballare più spesso. Andrei sulle giostre più spesso. Raccoglierei più margherite.


Nadine Stair (85 anni), da "Brodo caldo per l'anima"
Seconda segnalazione

10 dicembre: le piazze delle fiaccolate


Il giorno 10 dicembre, in occasione dell'anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti Umani, verranno organizzate fiaccolate in molte città italiane.
Sul sito di emergency è possibile trovare un elenco aggiornato delle località, l'ora ed il luogo di ritrovo e gli indirizzi email dei gruppi di Emergency a cui rivolgersi per informazioni.
Prima Segnalazione
Sul sito di Greenpeace, è possibile firmare una petizione indirizzata al commissario all'energia e ai trasporti della Commissione Europea, dove, dopo il disastro ecologico causato dalla Prestige in Galizia, si propone di "sostituire le fonti energetiche maggiormente inquinanti come il petrolio con le energie rinnovabili" e si chiede di "assicurare ai consumatori la possibilita' di scegliere l'energia pulita, obbligando i fornitori di energia a rendere noto, attraverso le proprie fatture, l'impatto ambientale dell'energia che vendono, rendendo note almeno le emissioni di CO2 e i residui radioattivi provocati dall'attivita' della societa'."
Alti e bassi, bassi e alti, carota e bastone... Sto rivivendo le montagne russe di un anno fa... Devo preferire questo continuo altalenarsi di carezze e schiaffi all'apatia dei giorni scorsi?

martedì, dicembre 03, 2002

Il libraio - parte prima
C'era una volta un libraio innamorato del suo lavoro. Lavorava in una libreria molto grande, nel reparto dedicato ai libri di soggetto "umanistico", e leggeva e leggeva. Quando qualcuno entrava nella sua stanzetta piena di libri e chiedeva informazioni disorientato, egli intuiva immediatamente che libro stesse cercando il cliente e sapeva subitaneamente indicarglielo. In quella stanzetta, la gente andava e veniva e il libraio stava sempre lì e riempiva le attese leggendo.
Aveva avuto delle storie sentimentali, ma brevi e insignificanti. Le ragazze che aveva conosciuto erano troppo superficiali per lui, tutte interessate a trucchi, vestiti, lavoro, personaggi televisivi, e, quand'egli provava a citare durante una considerazione il pensiero di uno scrittore, al primo tentativo lo guardavano inebetite, al secondo infastidite da quelle continue intrusioni troppo serie nelle loro frivole ciance e quasi annoiate. Dopo vari approcci fallimentari, il libraio aveva deciso di interessarsi solo alle storie di carta.
Un giorno era nella sua stanzetta come sempre, tutto preso dal racconto di un viaggio in Asia, quand'ecco entrare una ragazza molto più giovane di lui. Riconobbe negli occhi di lei una luce che lui non aveva mai visto ma di cui aveva letto. La ragazza muoveva lo sguardo sicuro tra gli scaffali pieni di libri, sapeva cosa cercare. Lui la seguiva timido, al riparo della barricata di pile di libri che sovrastava la sua scrivania. Quando lei infine gli si presentò con due romanzi in mano e chiese il libro di un programma d'esame di letteratura greca, percepì che anche la voce di lei, al pari degli occhi, aveva un che di irreale. "Una studentessa di Lettere" pensò il libraio, ormai uso a farsi un'idea dei suoi avventori dalle loro richieste. Poi guardò il titolo dei due romanzi. Li aveva già letti e, mentre s'apprestava a redigere il conto, avrebbe voluto dire alla ragazza cosa gli aveva procurato la loro lettura, quale passo l'aveva più entusiasmato, quale commosso. Sarebbe riuscito così a trattenerla e forse a sapere qualcosa di più su quei due occhi luminosi. Ed invece restò muto e non seppe dire nulla. Neppure quando lei disse "Grazie. Arrivederci" ed uscì da quel suo mondo quadrato.

lunedì, dicembre 02, 2002

Su, vieni e riabbracciami se ti ho perso è stato solo per un attimo
Ci sono infinite cose deliziose così vicine agli occhi che non le sai vedere...
Quanto tempo abbiamo perso inutilmente seguendo dei percorsi inevitabili