venerdì, dicembre 06, 2002

Arcodamore
"Leo, porca miseria, ti rendi conto di quanto ci rinchiudiamo fuori dalla vita, per comodità e per abitudine e per semplice mancanza di occasioni? Di come ci barrichiamo in un angolo, e ci sembra anche di stare bene? E fuori intanto c'è la vita, e al più ci accontentiamo di immaginarcela, o di guardarla filtrata o imitata in un film o in un libro ogni tanto? La sfioriamo solo, e il tempo passa via mentre noi siamo lì barricati nei nostri soggiorni arredati con tanta cura. ... E cosa facciamo una volta che ce ne rendiamo conto? Ci rassegniamo? O tiriamo fuori il coraggio di smetterla di fare i guardoni e buttarci nelle cose?"

Il taglio brusco della separazione aveva consumato in una volta sola tutte le mie capacità di decidere, mi aveva lasciato vago e incerto, perso nei miei ritmi ciclici delle mie giornate. ... Avevo continuato a ondeggiare tra impulsi contrastanti, accenni di gesti e pensieri, sentimenti che arrivavano a metà strada e tornavano indietro. Poi l'ultima estate era calda da morire, e il caldo aveva sciolto la colla che teneva insieme la mia vasca di pesce incerto, l'acqua era fiottata fuori...

Riuscivo a intravedere una sicurezza esile ma persistente al fondo delle sue esitazioni e dei suoi tremiti: uno strato inattaccabile dai dubbi come la nervatura in fibra di vetro in una struttura leggera. ... Non era un semplice passo esitante: era una specie di vibrazione di allarme che saliva dai piedi e la attraversava tutta fino agli occhi. Muoveva le braccia per accompagnare o compensare questa vibrazione; le slanciava ai lati in piccoli scatti che mi provocavano brividi di non responsabilità mescolati ad una strana forma di attrazione.

Non riuscivo più a fermarmi, era come cadere giù per una scala e ogni gradino era più ripido e angoloso dell'altro, ogni gesto più sbagliato.

Mi sembrava di non essere riuscito a concludere niente nella vita, di avere solo inseguito a scatti qualche immagine vaga, buttato via tutto quello che avevo per qualche sensazione già esaurita e ormai inconsistente nel freddo umido che mi penetrava attraverso i vestiti fino alle ossa.

Avevo voglia di correre fuori da qualsiasi parte, pur di reagire; di stabilire qualunque contatto con il mondo, attaccarmi a qualunque occassione di movimento mi passasse vicina.

Nell'insieme questi difetti le stavano bene come delle qualità, davano solo un velo di vita al suo modo di essere attraente.

Mi è venuto in mente un suo sguardo e un suo sorriso, il modo che aveva di girare la testa. E' durato un attimo, come un'interferenza radio.

Era il genere di rammarico che si può avere per una voce sentita a distanza o per un sorriso irraggiungibile; e invece di attenuarsi diventava più acuto, mi impediva quasi di respirare.

Mi sembrava di avere un'affinità naturale con lei come solo mi ero immaginato potesse capitare nella vita; di averla lasciata passare oltre con un'inerzia da oppiomane.

Avrei voluto stare sveglio ma non ci riuscivo: piccole onde di lago mi riverberavano attraverso cerchi concentrici che si allontanavano e ripartivano dall'inizio, il tempo vibrava quasi immobile come la superficie su cui ero sdraiato.

L'ho chiamata... Non credo l'avrei fatto se le mie percezioni fossero state più nitide; probabilmente ci avrei pensato a lungo, e mi sarebbero venuti dubbi, e scrupoli... Avevo sempre questa tendenza a non forzare le circostanze, lasciare che le cose capitassero per conto loro se dovevano capitare; non ero mai stato un grande afferratore di occasioni o un angolatore di eventi o un sollevatore di contatti. A volte lascaivo passare il momento utile e le circostanze favorevoli, pur di non forzare niente, stavo a guardarli scivolare via oltre l'orizzonte: anche con una parte di compiacimento, debole e lento come una delusione.

E c'era una vicinanza stupefacente nel suo sguardo e nel suo tono, non mi sembrava di avere mai parlato con qualcuno di così simile a me in vita mia.

Eravamo solo a un metro di distanza, ognuno dei due sospeso in un tentativo di decifrare le espressioni dell'altro. Mi sembrava che ci volesse poco a chiederle almeno come stavano le cose, che bastasse un sorriso o una parola per riaprire una comunicazione e tornare forse vicini; ma la miscela di tristezza e sollievo mi invischiava completamente, come miele avvelenato. ... Avevo un tono ridicolo ormai, da commedia teatrale di terz'ordine, mi ascoltavo dal di fuori e mi facevo rabbia.

Era una specie di scherma laser di gelosie, intense e inconsisteni nello stesso modo tutte e due, una prevaleva sull'altra a tratti.

Mi sembrava di essermi avventurato solo di un passo per un sentiero che portava in un territorio caldo e delicato già danneggiato in passato, e sapevo già prima di saperlo che non mi sarebbe stato facile venirne fuori, eppure andavo avanti sempre più a fondo, sempre meno consapevole.

..anche se non sapevo niente di lei mi sembrava davvero di conoscerla da sempre, di essere cresciuto con lei fin da quando eravamo bambini, avere una memoria precisa di ogni minima sfumatura dietro i suoi moviemnti e i suoi respiri.

Ci siamo baciati, al tavolo d'angolo nel bar quasi vuoto, e c'era un senso strano di attesa in ogni gesto e sguardo che ci scambiavamo, un senso di non spiegato e di non richiesto, familiare ed estraneo, divertito e faticoso e sicuro e incerto.

...e di colpo mi è sembrato di restare a riva mentre l'unica barca al mondo se ne andava via.

E non mi faceva bene decifrare i frammenti della sua vita nella sua casa vuota: non mi faceva bene risalire a scatti nel suo passato e frugare tra le tracce che ne erano rimaste, lungo percorsi che forse avevano intersecato i miei senza che io ne sapessi niente. Mi comunicava un senso di perdita, invece che di arricchimento: più elementi raccoglievo su di lei e più mi sentivo povero, tagliato fuori da un fiume di giorni e mesi e anni scorsi via.

"Non dormo, non fumo. Mangio. Scrivo. Penso. Ci siamo detti così poco, è successo così poco. Eppure la naturalezza, la curiosità. Ma non sono io che mi sogno le cose e trasformo la realtà in base a quello che vorrei? Mi sono sempre buttata così tanto nelle cose in passato, ora ho una sorta di distacco, probabilmente di incredulità... Che per la prima volta si avveri un sogno? Un grande desiderio finalmente appagato? Dopo tutta questa sofferenza? E come soffocare il mare di sospetti, diffidenze, apure? Come percorrere serena questo sentiero, senza più guardarmi alle spalle? Cancellare tutto il passato, liberarmi dai pesi? E poi i dubbi... sarà proprio quello giusto? Non è l'ennesimo abbaglio? Però che momenti intensi, sensazioni. Mi sembra sciocco scriverle, ora. E' lui l'uomo che mi completa? Io credo di sì. L'ho sentito chiaramente. Me lo senso detto: E' lui!"

"Vorrei sapere dove sei questa notte, mentre qui sono le quattro e non riesco ad addormentarmi. Vorrei sapere cosa stai facendo e con chi sei, e che faccia hai, se ti ho già incontrato o ci siamo solo sfiorati qualche volta, se siamo sempre stati distanti senza il minimo punto di contatto. Vorrei sapere se ci incontreremo, e quando. Se ci incontreremo troppo tardi, o appena in tempo, o ci incontreremo ma non riusciremo neanche a capire che eravamo noi e quanto eravamo importanti l'uno per l'altra. Io credo che ti riconoscerei subito, anzi sono sicura. Mi basterebbe guardarti negli occhi un attimo per capire che sei tu, o solo guardarti entrare in una stanza. Mi basterebbe un secondo, o meno. Però adesso dove sei? Adesso che sono così sola e triste e senza speranza, dopo tutti questi uomini vili e freddi e mammoni e indifferenti e sadici e semplicemente sbagliati? Dove sei? E ci sei, poi?


Doveva succedere. ... E' una di quelle storie inevitabili, che sono lì dormienti magari per anni e aspettano solo di prender vita.

"Ma perchè?" le ho chiesto: colpito da quant'era torbida e venata di dolce e amaro la sua sensibilità, da quanto erano fatti a curve e salite e discese improvvise i suoi percorsi interiori. ... Il suo tono mi incantava e anche mi preoccupava, aveva un margine vulnerabile e un margine esposto, timidezza e voglia di essere vista nuda mescolate insieme come onde sottomarine molto ravvicinate.

Eravamo davvero abbastanza stupiti di trovarci vicini, non c'era molta dimestichezza tra di noi.

E sentivo che era sincera, e quanta fatica e quante sofferenze le era costato il suo modo di essere così aperta: quanto ci era arrivata per gradi e da sola, dentro e fuori le trappole e gli attacchi e i tentativi di distruzione del mondo.

La vedevo lontana e fuori portata, che guardava i miei gesti senza capirli e si spaventava della mia attenzione e perdeva il filo dei pensieri e l'equilibrio dei movimenti per cercare di difendersi dalla parte sbagliata.

Non capivo come avevo potuto ficcarmi in una situazione così complicata e pesante e piena di richieste implicite ed esplicite dopo tutto quello che mi ero detto e giurato; come avevo potuto lasciarmi risucchiare al cuore dei problemi e le aspettative e i dubbi di una donna peggio di come mi era mai capitato in passato.

"Anch'io ho sempre pensato di trovare un arco d'amore che non finisce mai"


Andrea De Carlo