mercoledì, gennaio 22, 2003

Vita di Gesualdo Bufalino

A quanto pare, a molti piacciono le parole di Gesualdo Bufalino che ho scelto come mio "manifesto". Di recente, poi, mi è stato chiesto qualcosa sullo scrittore e la sua opera e, dato che ho sempre amato questo scrittore e mi è sempre dispiaciuto che fosse poco noto ai più, ho pensato di parlarne qui.

Le parole qui a destra -dove i ... stanno per [...]- sono estrapolate da "Le ragioni dello scrivere" [qui un estratto], che si trova in "Cere perse" del 1985: una raccolta di elzeviri, articoli su argomenti di letteratura o società, scritti anche per "Il Giornale" diretto da Indro Montanelli.
Bufalino, nato a Comiso, in provincia di Ragusa, nel 1920, visse sempre nel suo paese natale, insegnando in un istituto magistrale.
Come scriveva Maria Corti nella Prefazione a "Opere 1981-1988" edito da Bompiani nel 1992, "non bisogna incorrere nell'errore di credere Bufalino uno scrittore nato come tale fra il 1978 (data di Comiso ieri) e il 1981 (Diceria dell'untore), confondendo le date di scrittura con quelle di stampa". Iniziò infatti a scrivere "Diceria dell’Untore" nel 1950, ma si dedicò alla sua stesura e revisione per decenni e si rivelò al pubblico solo sessantenne.
Elvira Sellerio e Leonardo Sciascia, incuriositi dalle sue note di commento a "Comiso ieri", una raccolta di fotografie e racconti della città ottocentesca, lo sollecitarono a presentare loro i suoi scritti, ma Bufalino, reticente, inizialmente gli consegnò solo alcune sue traduzioni di autori francesi e, solo nel 1981, si decide a presentare "Diceria dell’Untore". Il libro, prontamente pubblicato, vince quello stesso anno il Premio Campiello e venne successivamente riadattato alle sceneggiature cinematografiche di un’omonima pellicola per il cinema. Da allora Bufalino "svuotò i cassetti" dove aveva accumulato i suoi lavori, scrisse raffinati elzeviri e altri romanzi, fino alla morte, che lo trovò, a metà strada tra la moglie e la madre, il 14 luglio del 1996. E proprio in un incidente stradale moriva uno dei protagonisti del suo libro da poco pubblicato "Tommaso ed il fotografo cieco".
Qui un elenco delle opere, tutte permeate da un forte senso di appartenenza alla realtà isolana (uno dei più bei scritti sulla Sicilia è, a mio dire, "La luce e il lutto"), non disgiunto da un continuo confronto con le altre civiltà letterarie (si pensi alle sue traduzioni in particolare dal francese), e scritte in uno stile che io amo per gli accostamenti arguti, le scelte lessicali e l'eccezionale capacità evocativa.