sabato, novembre 23, 2002

Il treno per Helsinki - Dacia Maraini

Ha i pollici larghi pronti a stringere il mondo per le orecchie e a farlo suo. Ma io cerco di farlo sorridere perchè quello che mi piace di più in lui è proprio il sorriso inaspettato arreso e inquieto. Quando sorride gli occhi gli si fanno di un verde sfatto inquietante. Penso che ho voglia di scoprire il nocciolo di quel sorriso. Voglio affondare in quegli occhi fangosi che hanno lampi di minaccia e di seduzione e un fondo di inerzia smeraldina.

Si butta nell'avventura come uno che sa di sapersela cavare sempre. Fiutando il rischio come un vecchio pescatore di frodo. Io invece ho paura di tutto: della mia goffaggine delle ferite dell'amore del futuro che vedo avanzare a globi neri contro l'orizzonte incerto lo guardo fredda come a dire: non mi incanti ti vedo come sei affascinante sì ma tutto lì esposto spaparellato sicuro di te e senza mistero. Miele invece non era tutto lì. Ma l'ho capito troppo tardi quando ormai ero dentro il suo mistero come una mosca nel latte.

Sogno di volare. Da mesi. Volo appena mi addormento. Mi tolgo le scarpe per non pesare. Mi sollevo sulla punta dei piedi. E spicco il volo. Spiccare è la parola giusta con quel senso di distacco deciso e delicato della polpa dal nocciolo.

Non riesco ad urlare come gli altri. Per quel misto di timidezza e senso del ridicolo che mi porto appresso come una remora bluastra che nuota sempre con me nelle acque fonde della mia coscienza. Partecipo ma senza quell'eccitazione che ti fa dimentico di te e del pericolo. Mi vedo dal di dentro e dal di fuori un poco impacciata goffa sul chi vive ad agitare l'aria con i pugni e sono presa da un senso di insensatezza disperata.

La convinzione di essere noiosa poco amata poco amabile. In un angolo a guardare il mondo che scorre in fretta come se non ne capisse in pieno le regole e fosse sempre sul punto di ricominciare da capo. gli occhi chiari spalancati sulle cose. [...] Sempre innamorata di qualcuno che non sa neanche di essere amato da lei.

-L'amore per me è un fatto solitario. [...]
-Hai un'idea troppo fatale e cinica dell'amore.
-Te ne accorgerai anche tu

Ti amo così tanto Armida... così tanto che ho avuto paura. Scappavo da te a perdifiato. Mi sono impelagato in pasticci a non finire pur di non riconoscermi innamorato di te. Ma più mi negavo l'amore e più mi innamoravo di te. [...] Non sai quanto mi sento leggero da quando ti ho detto che ti amo. Era da troppo tempo che giocavo ad imbrogliare le cose. Ora lo sai.

-Vivete di fantasie. Non vi sazierete mai.
-Credi che la sazietà sia amica dell'amore?
-Ma sì la voglia soddisfatta il piacere di essere insieme...
- [...] Amo questo mio amare di lontano senza volontà di possesso.

La mia doppiezza si fa palpabile. Anch'io sono una e l'altra insieme.

-E come si fa per non soffrire?
-L'amore come lo intendo io è un lavoro di precisione un delicato prodotto artigiano da eseguire in solitudine... Si lavora per il piacere di lavorare. Senza aspettare verifiche ricompense. Inutile illudersi sui rapporti a due a tre ognuno è solo nel suo guscio di noce dentro un mare in tempesta. Deve imparare a navigare. Tutto qui. La navigazione anche in un guscio di noce può essere un'arte assai pregiata... la vista di un altro guscio con un'altra anima disperata che si arrabatta per tenersi a galla può darti un senso di calore di felicità. Ma niente altro. Non cercare di raggiungerla. Soprattutto non pensare di montare sulla sua noce. Affondereste in due...

Ho dovuto troppo difendermi e ora sono chiusa dentro una conchiglia solitaria con solo le mie viscere per farmi compagnia...

A volerlo forzare rovinerei tutto. E' una certezza assoluta. Devo lasciarlo com'è chiuso nel suo mistero come in una seconda pelle. Invulnerabile perchè solitario perchè nascosto perchè mai del tutto rivelato.

-Ti vedo già prendere a grandi passi la strada dell'amore solitario ci sei quasi.. vedrai com'è struggente e infelice l'amore a senso unico...
-Elena ama Demetrio che ama Ermia che ama Lisandro che ama Elena..

Non so cosa pensa. Ha gli occhi opachi. - Continua - mi dice - hai una voce così dolce! - E io continuo parlo a vanvera con voce falsamente allegra.

Fedele a se stesso. [...] E io rinuncio ancora una volta a turbarlo con le mie richieste di misera logica femminile. E' giusto che appaia come vuole apparire. Anche se non è la verità.

Penosa sensazione di un mistero che si chiude su se stesso. Il mistero di una menzogna inutile. L'insensatezza di chi si incaponisce senza ragione. Per non scoprirsi. Mai per nessun motivo.