lunedì, settembre 23, 2002

Come Morena e Giorgio...

Tu non hai mai sacrificato niente di te agli altri, hai sempre ricevuto senza dare se non quello che ti veniva strappato: sei circondato d'amore e non lo meriti perchè non ne dài; la tua onestà è anch'essa una forma di vigliaccheria, non vuoi perdere niente, vuoi avere tutti a portata di mano e fingi con te stesso di voler capire [...] e più ti disprezzo, a torto o ragione, e più non posso allontanarmi, e più mi sento incatenare da una forza spaventosa che mi distrugge giorno per giorno

Ho avuto tanta forza finchè ho capito le cose, finchè ho potuto razionalizzare e farmi una ragione. Adesso ho una grande confusione, sono completamente fuori di me. [...] Sapessi com’è difficile essere freddi, distanti, ascoltare e cercare di essere obiettivi, dire cose, che non interessano magari, per non scoprirsi, non abbandonarsi, per non chiedere aiuto. Ti amo.

Mi hai presa per mano, mi hai portata per un sentiero, lungo, bianco, pulito, i ciottoli lisci, bagnati ancora per la pioggia. Grazie per essere stato così. Grazie di avermi amato, così bene, senza farmi male. E’ stato lento, graduale, un’educazione sentimentale dolcissima, assaporata a piccole dosi, resa assolutamente pura da quel dimenticare ogni cosa che non fosse noi stessi. Niente oscentià, niente squallore, ma un amore fino in fondo, che si ricorderà nitido e sereno, come una pagina di poesia.


Ho tanto bisogno di te che mi fai paura.

Penso che sia un errore rincorrere, migliorare gli altri. Chi ce lo dà questo diritto? E perchè mai dovrebbe essere un dovere, chi ce lo ha imposto?

Presumevo che lei, da amoroso angelo custode, riuscisse a capirmi fino al punto di accettare tutto. La mia vocazione autodistruttiva si era sempre infranta contro i suoi silenzi. Lei aspettava, aspettava. Chi sa perchè immaginavo che Morena, con la pazienza di una pianta che aspetta di rifiorire in primavera, accettasse da me quanto potevo darle, nella convinzione che il tempo mi avrebbe reso più generoso.

...per dimenticare una persona bisogna pensare sempre a lei.

Aveva perso la sua assolutezza, e quel che era più grave, non aveva capito quanta parte di me avevo investito nella sua fedeltà. [...] Morena aveva tutto il diritto di cercare altrove ciò che non le davo. E tanto meno era suo dovere restarmi fedele. [...] Non avevo scelto lei come donna della mia vita, eppure il maestro aveva provato a insegnarmi che bisogna innamorarsi solo delle cose rare, eccezionali, estreme. Morena aveva sì tutte le ragioni, ma tradendomi finiva d’essere una cosa rara e preziosa. [...] Mi sentivo come un cappello appeso all’attaccapanni, angustiato da un pensiero fisso: ormai sarebbe stato facile per lei cedere ancora. Infranto il tabù, Morena poteva incontrare e avere uomini migliori di me, capaci di mantenere quelle promesse che io non avevo mai avuto nemmeno il coraggio di fare. Non ero più il solo a conoscere la sua bellezza.


Sono stanca di essere forte, e poi non so neanche che cosa vuol dire esattamente “essere forte”: cioè lasciarsi pestare senza piangere e urlare? Lasciami piangere, perchè voglio essere debolissima. Penso tante cose, le idee girano come nel crogiuolo, ma sono sempre le stesse. Ho ricordato il nostro bosco, ieri. Quando veranno le belle giornate voglio tornarci. Ero in clima di ricordi perchè ho tanta voglia di cose dentro, tanta voglia di dire, di sentire.